Atletica Sestese Femminile

Fondata nel 1930


Documenti allegati a relazione assemblea

Cari Professori,

chi vi scrive è una psicologa che spesso e volentieri si trova a lavorare con i vostri studenti. Non tutti. In particolare quelli che per scelta o per merito affiancano all’attività scolastica la pratica sportiva, anche a livello agonistico. Quelli che al lunedì, dopo un week end di gare, vi pregano di non interrogarli ma di rimandare la verifica al martedì. Quelli a cui alcuni di voi negano questa possibilità, assumendosi il rischio di apparire un tantino sadici.
Mi rendo conto che il nostro sistema scolastico non è costruito per dare spazio a una sostenibile e codificata convivenza tra agonismo e formazione, ma la svalutazione e, in alcuni casi la demonizzazione, dell’attività agonistica la facciamo noi. Tutti voi avrete un collega insegnante di educazione fisica che è il primo a svalutare la sua stessa materia, considerandola di serie B e concedendo agli allievi assenze dalla palestra che non sono in alcun modo giustificabili. Creando così una cultura che scredita tutto ciò che è attività motoria.

Vi sto quindi scrivendo non per chiedervi di cambiare il vostro metro di giudizio, di trattare questi ragazzi in maniera diversa o di fare loro dei favoritismi. Anzi. Loro stessi non lo vorrebbero, d’altra parte sono allenati a tenere duro. Vi sto invece invitando a un piccolo cambio di prospettiva. Non immaginate che i vostri studenti-atleti imparino nei rispettivi contesti sportivi solamente a far andare gambe e braccia, senza alcun pensiero. Sarebbe molto riduttivo oltre a negare l’evidenza.

Nell’ambiente sportivo-agonistico i vostri allievi imparano valori come l’impegno, la perseveranza, imparano a tollerare il dolore, la fatica e il disagio, imparano a relazionarsi agli altri, a rispettare se stessi e l’avversario, con tutta probabilità conosceranno nuove culture e nuove lingue, perché la spinta alla relazione è più forte di ogni barriera linguistica.

Aspetti motivazionali e relazionali non da poco, quindi. Qualcosa che, saremo tutti d’accordo, non si acquisisce in un pomeriggio chiusi in stanza in compagnia del libro di storia. Qualcosa che è, cari professori, molto simile all’imparare a stare al mondo.
Ecco allora che il 6 che questi studenti si trovano sul registro assume tutto un altro significato. Non è un 6 che significa che non c’è stata la volontà di arrivare all’8 (tanto lo so che il 10 non lo date mai!), è un 6 che è frutto di un impegno diversamente distribuito su molteplici attività. E’ il faticoso frutto del voler tenere insieme tutti i pezzi, consapevoli che la scuola è importante ma non si può rinunciare a una vocazione o, se volete, chiamatela passione o ancora talento.
Dovremmo forse andare oltre al pregiudizio che chi trascorre il pomeriggio a fare sport e i compiti li fa di sera sia un lavativo che non ha voglia di studiare, trattandoli al pari di quei ragazzi che trascorrono la propria esistenza davanti alla playstation o a far nulla nel parchetto sotto casa. E’ un atto di rispetto nei confronti non solo dei ragazzi, ma anche dei genitori che si sobbarcano trasferte e importanti esborsi economici.
Non perdete quindi l’occasione di essere educatori a 360°. Va bene, ci sono i programmi ministeriali che devono essere portati avanti, ma lasciate spazio ad educare i vostri ragazzi a tirare fuori il meglio da sé e se questo coincide con un talento agonistico e non con l’algebra va benissimo, ciascuno ha il proprio e va rispettato. E quando sarete davanti alla tv a fare un tifo sfegatato per la vostra squadra o atleta del cuore pensate che dietro a quei campioni potreste esserci anche voi.

Valentina Penati

Psicologa e mental coach, si occupa di mental training e della massimizzazione della performance sportiva. Sempre di corsa, ma senza scorciatoie.

Da pagina FB 29 marzo 2017

 

 

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I ragazzi abbandonano lo sport: troppe pressioni e illusioni

L’80% dei bambini italiani in età pre-puberale pratica almeno uno sport, ma verso i 14 anni, proprio durante la fase di sviluppo più delicata e in cui l’attività fisica sarebbe un vero toccasana per la crescita del ragazzo a livello fisico, psicologico e sociale, questo esercito di mini atleti si riduce drasticamente. Divenuti adolescenti, la metà di loro abbandonano. Cosa succede? Quali i motivi di questa improvvisa disaffezione? Il fenomeno, denominato “drop out”, sempre più diffuso, ha attirato l’attenzione di numerosi psicologi, terapeuti, istruttori che hanno individuato attraverso i loro studi varie e differenti motivazioni. L’agonismo esasperato fin da giovanissimi. Il risultato a tutti i costi. L’illusione preclusa di divenire dei campioni. Nuovi interessi. Genitori e, in genere ambiente esterno, troppo esigenti e pressanti. Il venire meno di divertimento e motivazioni. All’origine dell’abbandono, quindi, non un’unica causa, ma più elementi spesso concomitanti. Ma, come ci dice Maurizio Mondoni, docente di Teoria, tecnica e didattica dei giochi sportivi al Corso di laurea in Scienze Motorie e dello Sport all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano: “Per capire il perché un ragazzo improvvisamente lascia un’attività sportiva che ha praticato per anni è necessario comprendere quali sono le molle iniziali che gli hanno fatto decidere di intraprenderla. E tra queste su tutte il divertimento, la gioia di giocare, di fare parte di un gruppo, conoscere nuovi amici. Se i giovani non trovano soddisfatti questi loro bisogni primari, lasciano”.

La vittoria ad ogni costo — Molte volte, tuttavia, nell’attività motoria proposta dagli adulti non c’è gioco, gioia e allegria. Al loro posto pressioni eccessive, agonismo esasperato, allenamenti noiosi. “Sono molti gli allenatori molto più preoccupati a vincere o a non perdere – precisa Maurizio Mondoni – piuttosto che interessati alla prestazione dei propri atleti. Chiedere o pretendere da un bambino, fin dalla sua prima esperienza sportiva, la vittoria ad ogni costo, magari promettendo anche ricompense, può influenzare negativamente il processo di sviluppo delle sue motivazioni a continuare a praticare lo sport. Se a questo si aggiunge un inadeguato supporto emotivo nei momenti delicati degli insuccessi e delle sconfitte, si creano le premesse per cui il bambino giocherà non tanto per se stesso, ma per le richieste, per lui a volte incomprensibili, del nostro mondo fatto a misura di adulto”.

L’importante è la prestazione, non il risultato — La componente agonistica è innata: a nessuno piace perdere. Ha per altro anche una valenza positiva per la crescita psichica ed emotiva degli adolescenti, ma va assolutamente rifiutata come filosofia e unico obiettivo, come un qualcosa di indispensabile per essere accettati e avere successo. “E’ fondamentale insegnare ai ragazzi a gestire la sconfitta e a utilizzare gli errori – precisa Mondoni -, credendo in loro, apprezzando i loro sforzi e sollecitandoli continuamente a essere volonterosi e tenaci. Il giovane non ha fallito se, pur perdendo, ha dato il massimo. Ogni atleta desidera essere rinforzato per la qualità della sua prestazione più che per la vittoria. Se un giovane commette un errore non lo si deve punire, ma fargli capire dove ha sbagliato e cosa dovrebbe fare per correggersi, utilizzando un linguaggio sempre positivo. Quando l’atleta è a conoscenza che il suo allenatore vuole il massimo dal suo impegno e per questo è rinforzato, non avrà più paura di provare e riprovare, accrescendo così la propria autostima. Al contrario, se il giovane si aspetta di essere premiato solo in base al risultato, pensando alle possibili conseguenze negative delle sue iniziative, avrà il timore di fallire, mostrando ansia e insicurezza”.

Per prevenire l’abbandono

E’ stato ampiamente dimostrato che esasperare l’attività agonistica in età precoce, da non confondersi con un avviamento precoce all’attività motoria e al gioco, è la strada sbagliata, quella che con maggiori probabilità porta al “drop out”. Per evitare che ciò accada si deve affrontare il problema alla radice. “All’inizio si deve far giocare il bambino allo sport – prosegue Mondoni – e non fargli praticare lo sport. Gli allenamenti devono essere divertenti, interessanti, didatticamente validi, con obiettivi legati all’età e al livello di maturazione di ciascuno. L’allenatore non deve essere un leader autoritario, ma autorevole, non deve essere troppo permissivo, ma empatico, motivatore, stimolatore, entusiasta. Deve potere instaurare con i ragazzi un dialogo sincero e creare un clima di gruppo positivo, in cui si respiri aria di collaborazione, fiducia, sostegno e stima reciproca. Infine, i genitori, pur essendo assolutamente indispensabili nell’organizzazione pratica delle giornate dei propri figli, devono interferire il meno possibile, evitando di esercitare pressioni e di riversare su di loro eccessive aspettative”.

Da FB 11 marzo 2017Fine modulo

 

 

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13 dicembre 2016 – Festa dI Natale Atletica Sestese Femminile

 

Buonasera,

 

perché “combattenti”…

“Combattere”  non vuol dire solo vincere, ma un impegno a migliorarsi, a superare le difficoltà, ad accrescere la propria autostima e, questo,  noi lo proponiamo attraverso la pratica sportiva, attraverso l’Atletica Leggera.

Accanto ci mettiamo la parola “felicemente”  perché lo sport così come noi lo interpretiamo deve essere gioia, felicità di esprimersi, soprattutto nelle fasce adolescenziali; ma, accanto ci sono le parole che accompagnano questi concetti come serietà, impegno…

E la lezione che ci viene dalle parole di Pietro Mennea, sono lo specchio di questa impostazione.

Pietro Mennea, lo ha sempre dichiarato lui e l’ho sentito affermare dalla signora Manuela, si è sempre divertito facendo sport, pur mettendosi sempre in discussione, sia come atleta e poi anche nella vita di tutti i giorni.

In questo documentario, stretto nei suoi 38 minuti, abbiamo cercato di rappresentare più che una cronologia di eventi, il nostro impegno annuale nel quale cerchiamo di trasmettere i valori a cui ci ispiriamo che, sostanzialmente, si riducono al nostro impegno di aiutare la crescita dei ragazzi che ci vengono affidati, attraverso appunto la pratica sportiva, che deve essere intesa sì come divertimento, anche come atto liberatorio, ma svolto in maniera seria se si desidera migliorarsi.

Noi siamo una Società di Atletica Leggera, e il nostro principale obiettivo finale rimane quello di riuscire, in maniera progressiva, rispettosa dei limiti, delle curiosità, delle prerogative delle età  dei ragazzi, a farne “anche” degli atleti.

L’esperienza ci trasmette tante testimonianze di nostre atlete diventate mamme, spose, inserite nella vita sociale, che, al di là dei risultati sportivi ottenuti sulle piste e pedane, riconoscono come sia stata importante se non decisiva nella loro crescita personale aver praticato l’Atletica con le sue regole anche comportamentali.

Nel documentario partiamo dai Centri Coni e finiamo coni Centri Coni.

Non è casuale.

Fra questo inizio e fine, c’è l’attività di un anno: tecnica con alcuni  suoi risultati, ricreativa come il Ritiro in Dolomiti, iniziativa che favorisce la crescita del gruppo, forse traspare anche un po’ di delusione… ma, soprattutto, attraverso i concetti in cui  continuiamo a credere, la grande volontà di continuare in questo percorso, sperando di ottenere sempre la stima delle famiglie del nostro Territorio.

Nel documentario c’è sempre la presenza dei nostri allenatori, sempre vicini alle ragazze e ragazzi. Vicini nelle gare, ma non solo.

Presenza fondamentale per la crescita tecnica ed umana di questa gioventù che gli affidiamo.

Per cui, non solo tecnici, ma educatori.

A loro, va il mio/nostro più sincero e affettuoso ringraziamento.

Non è stato un anno facile questo 2016, e i suoi risultati hanno determinato alcune scelte che si ripercuoteranno sull’attività 2017, soprattutto nel settore assoluto; settore che per tanti anni è stato il nostro fiore all’occhiello, portando il nome della Società e di Sesto Fiorentino, unica nel Territorio, ai primissimi posti in campo Regionale, Nazionale e, in alcuni casi, anche Internazionale.

Tutte le atlete e tecnici che sono state/i protagoniste di questa lunga “Storia” vivranno sempre nella nostra più affettuosa riconoscenza.

Un momento di riflessione, quindi, che vediamo e vogliamo come una nuova “Ripartenza”.

Le prospettive future comunque saranno discusse lunedì 19 dicembre nel corso dell’Assemblea straordinaria appositamente convocata, dove fra i nostri problemi, non potremo non elencare quello relativo alla sopravvivenza del Campo di Atletica di Quinto Basso, la cui crisi è sì economica, ma anche strutturale, e di cui non si vede né si propone una soluzione nell’indifferenza generale; situazione che porterà quasi certamente, ad un disimpegno – fra l’altro – all’organizzazione delle manifestazioni Fidal in calendario.

Le nostre categorie promozionali ci fanno comunque ben sperare per un buon e speriamo migliore 2017. Ben guidate, rappresentano il nostro futuro.

Accanto cercheremo di rafforzare anche l’attività parallela ma contigua ricreativa/sociale con nuove iniziative come probabile un lungo week end sulla neve, compatibilmente al calendario agonistico.

Rafforzare quindi l’attività sul territorio, aumentare la nostra base di riferimento e…aspettare che le nostre ragazze e ragazzi crescano!

Per far questo occorre l’aiuto di tutti, anche di qualche buon consiglio, oltre che di risorse umane e materiali.

Per finire, mi piace ricordare a tutti che in questi giorni si è tanto parlato (anche con la presentazione di un libro scritto da Michele Gesualdi) dell’esperienza di Don Milani a Barbiana.

Due anni fa lo citai nel finale del documentario di Natale.

Riprendo la citazione di allora ritenendola sempre e, forse ancor di più attuale, permettendomi di adattarlo – un po’ liberamente – alle nostre impostazioni societarie:

“…se la scuola (leggiamo sport), si dedica solo ai più bravi, ai più dotati, cessa di avere la sua funzione principale…diventa come un ospedale che cura i sani e trascura i malati…”

E, noi, mettiamo questi principi con passione e convinzione in cima al nostro impegno quotidiano, ma, come professava proprio Don Lorenzo Milani, con la giusta severità di cui lui stesso era un assertore con i suoi alunni, perché senza regole non si ottengono risultati ma, soprattutto,  non si cresce, e non solo sulle piste e sulle pedane dell’Atletica, ma nella Vita.

Infine un ringraziamento a tutti Voi genitori, agli amici del Consiglio, a tutti coloro che in qualche modo ci sono vicini con affetto e simpatia.

Buon Natale a tutti!

Updated: 22 Giugno 2017 — 14:38
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